Estratto dal volume “La regolazione dei servizi tecnico-nautici”
di Sergio Maria Carbone, Francesco Munari, Fabio Gobbo, Cesare Pozzi
Edito da Il Sole 24 ore S.p.A.
Il servizio di rimorchio*
Il servizio di rimorchio trova un primo inquadramento nel dettato legislativo. Il Codice della Navigazione e il Regolamento della Navigazione Marittima prevedono che il rimorchio non possa essere esercitato senza una concessione che indichi il numero e le caratteristiche dei mezzi tecnici da adibire al servizio, che le norme sulla disciplina del servizio in ciascun porto sono contenute nei regolamenti locali approvati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che il concessionario deve corrispondere un canone e, infine, le regole per ripartire le responsabilità durante il rimorchio.
La concessione viene rilasciata dal Capo del Compartimento Marittimo a seguito dello svolgimento di una procedura che segue lo schema della gara pubblica.
Il servizio soddisfa una precisa necessità delle navi la cui scarsa manovrabilità in spazi ristretti, non consentirebbe di effettuare autonomamente l’operazione di avvicinamento (allontanamento) alla banchina cui sono destinate. Allo stesso tempo l’ausilio di mezzi aggiuntivi nella fase di approdo, transito e disormeggio nelle acque portuali e nei canali di navigazione soddisfa le esigenze di sicurezza della navigazione che l’Autorità Marittima presidia nell’interesse della collettività.
E’ chiaro che questo tipo di attività non può che essere modellata tenendo conto delle specifiche caratteristiche delle realtà locali.
Proprio per questa ragione, gli aspetti principali sono disciplinati dai regolamenti locali e dagli atti di concessione. Sulla base delle caratteristiche fisiche del porto, della specifica tipologia di traffico (stazza e caratteristiche delle navi) e delle condizioni meteo-marine prevalenti sono determinati: a) le categorie delle navi per cui il servizio di rimorchio è obbligatorio (individuate dall’Autorità Marittima di solito in base alla natura pericolosa del carico trasportato – es. materiale chimico o petrolifero – e alla stazza); b) il numero complessivo dei mezzi necessari; c) il numero dei rimorchiatori che devono essere impiegati nella singola prestazione obbligatoria; d) la tipologia di mezzi e di attrezzature previste per l’espletamento dell’attività di rimorchio; e) i requisiti professionali dei membri dell’equipaggio; f) le caratteristiche del servizio universale, normalmente identificate nella disponibilità 24 ore su 24 di un numero adeguato di rimorchiatori per il servizio di guardia.
A parte i casi di obbligatorietà, che hanno comunque un peso marginale rispetto al complesso delle attività normalmente svolte, il servizio viene principalmente erogato nei confronti delle navi che, per le loro caratteristiche, per quelle del porto o per le condizioni meteo-marine presenti al momento dell’approdo sono necessitate richiederlo.
Nella realtà operativa che si è venuta a concretizzare nei porti italiani, i rimorchiatori supportano talvolta l’Autorità Marittima, la quale può avvalersi dei mezzi, delle dotazioni e degli uomini messi a disposizione dal concessionario e, più in generale, dagli altri servizi tecnico-nautici (art. 81 cod. nav.) nell’assicurare la sicurezza ed alcune funzioni di polizia. I rimorchiatori indicati nell’atto di concessione sono, infatti, sempre a disposizione dell’Autorità Marittima per qualunque esigenza portuale o del traffico marittimo, ed in linea generale sono assoggettati ad una serie di obblighi ed attività accessorie che a titolo esemplificativo possiamo così riassumere:
a) l’ausilio e l’assistenza all’Autorità Marittima per le emergenze e gli incendi in porto o in rada;
b) l’assistenza e il soccorso a navi e persone in pericolo negli spazi portuali e nelle aree marittime adiacenti;
c) il recupero di oggetti galleggianti pericolosi per la navigazione;
d)il recupero di navi che hanno perso l’ormeggio.
Qualora l’Autorità Marittima ricorra all’aiuto dei rimorchiatori per provvedere ad urgenti necessità del servizio marittimo portuale e di ordine pubblico, essi prestano la propria opera senza un corrispettivo diretto. Anche qui, come nel caso degli altri servizi tecnico-nautici, tali prestazioni sono messe nel conto della disponibilità o prontezza operativa che il servizio assicura, che viene già remunerata dall’utenza attraverso il sistema tariffario stabilito dall’Autorità pubblica.
L’assetto normativo dei servizi tecnico-nautici nella Legge 28 gennaio 1994, n. 84 e successive modifiche
Come è noto, l’impianto della normativa sui porti stabilito dal cod.nav. è stato profondamente innovato con l’emanazione della legge 28 gennaio 1994, n. 84, relativa appunto al “Riordino della legislazione in materia portuale”.
L’adozione di questa legge è stata determinata da specifiche esigenze di adeguamento del nostro ordinamento ai principi di diritto comunitario, dai quali, pertanto, essa è largamente influenzata. In realtà, l’appartenenza dell’Italia al sistema comunitario ha imposto – a seguito di precise indicazioni e censure mosse dalla Corte di Giustizia e dalla Commissione – tempi relativamente rapidi per una riforma che era in gestazione da moltissimi anni senza tuttavia alcuno sblocco concreto.
I principi e le norme comunitarie che hanno avuto rilievo nella riforma della normativa portuale sono, in sostanza, le seguenti:
a) il divieto di discriminazioni effettuate in base alla nazionalità;
b) la disciplina della concorrenza;
c) le regole in tema di libera prestazione dei servizi.
Tra queste, sono state proprio le norme comunitarie in materia di concorrenza quelle che hanno più marcatamente caratterizzato i contenuti di tale disciplina, anche perché di per sé idonee, nello stesso sistema comunitario, ad incidere in modo trasversale su tutte le altre libertà proclamate nel Trattato CE.
Così, la L. n. 84/94 ha effettivamente dato corpo all’esigenza di una profonda riforma della disciplina portuale non solo modificando ovvero abrogando alcune norme del cod.nav., ma introducendo una regolamentazione delle attività svolte nell’ambito portuale che si aggiunge alla normativa del cod.nav.
In estrema sintesi, la ratio della normativa si fonda su questi aspetti qualificanti:
a) la creazione di autorità indipendenti (le Autorità Portuali) cui è demandata la programmazione e regolazione delle attività in porto, e cui è precluso, salve modeste eccezioni, lo svolgimento di attività di impresa, e comunque di quelle più importanti nel settore, e cioè le operazioni portuali;
b) la disciplina delle modalità di accesso ai mercati delle operazioni portuali da parte delle imprese interessate e di assegnazione delle aree portuali, basata su procedure rispettose di criteri di concorrenzialità.
E’ indubbio che la L. n. 84/94 costituisca un notevole passo avanti nel senso di modernizzare un settore fondamentale della nostra economia, nell’ottica di garantire l’apertura dei mercati, il rispetto delle norme e dei principi di concorrenza, in coerenza con l’impronta liberale del diritto dell’economia assicurata dalla vigenza nel nostro paese del diritto comunitario.
D’altro canto, a ormai dieci anni dall’entrata in vigore della L. n. 84/94, si può ben dire che essa, sia pur già ripetutamente emendata (senza tuttavia modificarne l’impianto), ha senz’altro dato ottima prova di sé, ed ha consentito agli scali italiani di recuperare competitività e in realtà di creare le prospettive per un consistente successo.
L’ottica, quindi, della nuova normativa portuale è moderna ed in linea coi più evoluti standard del diritto comunitario dell’economia.
La disciplina dei servizi tecnico-nautici nella L. n. 84/94: l’art. 14
Ferma l’ottica sicuramente avanzata della L. n. 84/94, si tratta di vedere quali modifiche essa ha determinato sui servizi tecnico-nautici.
Invero, essi in prima battuta non erano stati affatto interessati dalla riforma. L’unica norma rilevante al riguardo (l’art. 14), si limitava infatti a prevedere un rinvio alla normativa esistente (i.e., al sistema del cod.nav. e del reg.nav.mar.), lasciando infatti inalterate in capo all’Autorità Martittima.
<<le funzioni di polizia e di sicurezza previste dal codice della navigazione e dalle leggi speciali, e le rimanenti funzioni amministrative>>.
Pertanto, la riforma che aveva interessato l’intero settore portuale italiano, confermava senza esitazioni la competenza dell’autorità marittima ad organizzare, controllare e vigilare i servizi atti a garantire la sicurezza nei porti (e quindi, tra l’altro, sui servizi tecnico-nautici) secondo il modello già previsto nel codice della navigazione e nel relativo regolamento.
L’art. 14 della L. n. 84/94, nel suo testo originario, non menzionava neppure i servizi tecnico-nautici. Di essi, peraltro, la normativa di riordino della legislazione portuale si sarebbe occupata nei successivi interventi di modifica interessanti la disposizione in esame.
I quali, in effetti,
a) hanno confermato la natura dei servizi tecnico-nautici come servizi prestati all’interno in un mercato regolato;
b) hanno enfatizzato l’unitarietà e l’omogeneità di questi servizi, provvedendo progressivamente ad uniformare la disciplina relativamente ai profili (peraltro essenziali) contenuti nella L. n. 84/94;
c) hanno provveduto a modernizzare la disciplina di cui al cod.nav. ed al reg.nav.mar., inserendo fondamentali profili rispettivamente di co-decisione delle autorità e di partecipazione degli utenti (in particolare a livello di associazioni rappresentative) nelle più importanti problematiche connesse alla natura regolata dei servizi, quali rispettivamente organizzazione e disciplina, da un lato, e tariffe, dall’altro lato;
d) hanno espressamente codificato – sulla scorta anche di importanti sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europee – la natura di questi servizi come servizi di interesse economico generale.
Così con legge n. 647/1996 sono stati inseriti due nuovi commi all’art. 14. segnatamente, l’art. 14, comma 1-bis, ha stabilito che
<<I criteri ed i meccanismi di formazione delle tariffe dei servizi di pilotaggio, rimorchio, ormeggio e battellaggio sono stabiliti dal Ministero dei Trasporti e della navigazione sulla base di un’istruttoria condotta congiuntamente dal comando generale del Corpo delle capitanerie di porto e delle rappresentanze unitarie delle autorità portuali, dei soggetti erogatori dei servizi e dell’utenza portuale>>.
E l’art. 14, comma 1-ter, preso atto più opportunamente del ruolo svolto dalle Autorità portuali dopo la riforma, ha precisato che
<<nei porti sede di Autorità portuale la disciplina e l’organizzazione dei servizi di cui al comma 1-bis sono stabilite dall’Autorità marittima d’intesa con l’Autorità portuale. In difetto di intesa provvede il Ministero dei trasporti e della navigazione>>.
Di estremo rilievo è quindi la modifica introdotta con la L. n. 186/2000, intervenuta tra l’altro a seguito di alcune importanti pronunce, da parte della Corte di Giustizia delle Comunità Europee e della Commissione, in tema di normativa italiana sia sulle operazioni portuali che sui servizi tecnico-nautici.
Per quanto riguarda questi ultimi, proprio per dar corpo ai principi comunitari espressi in materia la L. n. 186/2000 ha riaffermato che i servizi tecnico-nautici presentano, per la loro natura intrinseca e per le modalità con cui vengono forniti, caratteristiche proprie dei servizi di interesse economico generale di cui all’art. 8 della L. n. 287/90 e all’art. 86.2 CE.
Pertanto, da un lato, essi sono sottratti all’applicazione delle regole di concorrenza (sia pur nei limiti consentiti dall’art. 86.2 e dai principi applicativi da questo ricavabili); dall’altro lato, l’erogazione di questi servizi può dipendere da atti autoritativi della Pubblica Amministrazione (segnatamente, l’Autorità marittima), la quale può imporre il servizio agli utenti portuali per esigenze di sicurezza della navigazione e del porto.
Più precisamente, è stato introdotto un incipit al comma 1-bis dell’art. 14 della L. n. 84/94, come modificato dalla L. n. 186/2000, per stabilire che:
<<i servizi tecnico-nautici di pilotaggio, rimorchio, ormeggio e battellaggio sono servizi di interesse generale atti a garantire nei porti, ove essi sono istituiti, la sicurezza della navigazione e dell’approdo. Per il pilotaggio l’obbligatorietà è stabilita con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Per gli altri servizi l’Autorità marittima può renderne obbligatorio l’impiego tenuto conto della localizzazione e delle strutture impiegate>>.
Le implicazioni di questa disposizione sono importanti ed evidenti, e sono soprattutto il frutto di progressivi affinamenti riguardo all’applicazione dei principi di libera circolazione dei servizi e di concorrenza in un settore delicato come il nostro. Si osservi che, con riguardo all’obbligatorietà del servizio, il legislatore pare voler ridurre il potere di co-decisione delle Autorità portuali, e la stessa partecipazione dei soggetti interessati deve ritenersi premessa negli ambiti generalmente disposti dai principi sulla trasparenza dei procedimenti amministrativi. Il che, tra l’altro, coerentemente con la già ricordata scelta di attribuire all’autorità più “terza” rispetto alle esigenze di sicurezza (l’Autorità marittima) la responsabilità decisionale e la competenza prioritaria in materia.
Sintesi del quadro normativo riguardante i servizi tecnico-nautici
Il complesso di regole dianzi accennate rende quindi evidente la presenza di un assetto regolato nel mercato dei servizi tecnico-nautici.
Diritti esclusivi, modelli monopolistici e restrizioni al libero accesso al servizio configurano l’impronta data dal legislatore alla disciplina di questi servizi, giustificata dalla loro caratterizzazione (e codificazione) come servizi di interesse generale, alla stregua di quanto previsto dall’art. 86.2 CE.
Con diverse sfumature a livelli di precisione, la normativa – sia nazionale, sia quella poi precisata a livello locale – enfatizza una struttura dei servizi caratterizzata da connotati di universalità, organizzata in funzione di assicurare una precisa disponibilità di servizio in ciascun porto a prescindere dalla domanda effettiva del servizio, e strutturata quindi con riserve di capacità al fine di fronteggiare non soltanto “picchi” di domanda, ma anche prestazioni svolte quali ausiliari della P. A. in caso di necessità o emergenza. […]
Così, oltre a svolgere servizi suscettibili di essere valutati dal punto di vista economico (e come tali remunerati anche dagli utenti), i prestatori di servizi tecnico-nautici assumono le caratteristiche di ausiliari dell’autorità pubblica e di polizia del porto, e l’assunzione da parte degli stessi vincoli e obblighi nell’interesse del porto costituisce il presupposto che il legislatore ha posto per l’accesso al mercato da parte di questi soggetti. Questi vincoli ed obblighi, ed i servizi ad essi relativi, sono remunerati dalla tariffa di servizio vigente in ciascun porto per ciascun servizio. Restano salve, ovviamente, le diverse disposizioni del codice riguardanti gli istituti dell’assistenza e salvataggio, in quanto applicabili.
In conclusione, volendo utilizzare una terminologia tecnicamente più consona rispetto alle problematiche di cui trattasi, i servizi tecnico-nautici costituiscono un servizio erogato nell’ambito di un mercato regolato. La presenza di tali servizi in ciascun porto è necessaria a cagione delle esigenze di sicurezza che essi soddisfano, ed infatti tali servizi esistono in tutti i porti, a livello mondiale.